Letteratura, archeologia, storia, filosofia: come hanno trovato una strada espressiva comune questi interessi tanto differenti tra loro e come si legano al suo essere pittrice?

Sono interessi solo apparentemente molto diversi, in realtà hanno una matrice comune, cioè studiano tutti l’essere umano, si chiedono chi è, quale è la sua storia, come si esprime. Da una parte ci sono i miei studi classici e filosofici, e dall’altra c’è il fatto che dell’essere umano mi ha colpito da sempre la sua capacità di creare immagini. Per cui la mia pittura, più che seguire un percorso prestabilito, nasce da una dimensione, come dire, di “assecondamento” di quanto mi viene da dentro.

In che modo si è avvicinata alla pittura?

Direi che è la pittura che si è avvicinata a me! È come se fosse sempre stata dentro di me… Sin da bambina avevo l’esigenza di esprimermi, di fare uscire concretamente i miei mondi fantastici, o semplicemente avevo voglia di dire come vedevo le cose o le persone. Così i disegni e i ritratti che nascevano spontaneamente sul foglio erano il mio mezzo di comunicazione preferito, a volte l’unico, ma io lo consideravo un dono.

Come nasce la sua ispirazione e la scelta dei temi?

Me lo chiedo anch’io da dove nasce l’“ispirazione”, quella “insorgenza interna” che ti porta a fare una cosa che prima non c’era. Direi che la passione nasce da movimenti interni a noi sconosciuti, nel senso che non li possiamo determinare prima, ma che sono reali, presenti, a volte prepotenti, e che creano una spinta a “liberare” le sensazioni e le dimensioni più profonde.
Per quel che riguarda i temi, i miei cicli… tutti in fondo ruotano intorno al problema della conoscenza. Qual è poi il rapporto tra pittura e conoscenza, è un discorso molto complesso

Che legame c’è tra la sua pittura e la sua realtà, la sua vita?

Se la domanda si riferisce al rapporto con la realtà, diciamo, percettiva, quella della coscienza, le mie immagini, credo, colgono gli stimoli della realtà esterna, ma poi li deformano, un po’ come succede nei sogni, per cui la matrice a volte è appena riconoscibile, ma spesso la reazione va, come dire… per conto suo. E allora un incontro, un pensiero o addirittura una storia d’amore diventano quasi un pretesto.
La vita… la mia vita personale si intreccia fortemente con la pittura, nel senso che se sto bene o mi fanno stare bene dipingo in un certo modo, se sto male, in un altro. Ma non è detto che ad un dolore corrispondano immagini buie e cupe, anzi, a volte ti escono immagini leggere e fresche.
Deve essere per un discorso di resistenza e di vitalità; non certo per la banale idea di compensazione.
La leggerezza e il movimento o ci sono o non ci sono.

Nella società attuale molte donne, nel loro legittimo desiderio di emancipazione, tendono a negare le differenze tra i sessi e a ricalcare spesso schemi comportamentali maschili. In gran parte delle sue opere troviamo invece riferimenti al principio maschile e a quello femminile, intesi come elementi differenziati e quasi antitetici. Nella sua visione questi due principi sono opposti ma complementari come lo sono nella filosofia taoista, lo yin e lo yang?

Una cosa è l’emancipazione, che riguarda la sfera sociale e professionale, e lì si deve essere tutti uguali, un’altra cosa è l’identità personale in cui ognuno è diverso, e questo tanto più tra uomo e donna. Quelli che tu chiami principio femminile e maschile sono realtà assolutamente diverse, e quanto più sono, diciamo, se stesse, tanto più sono differenti, e per complicare le cose, tanto più sono diverse e tanto più si attirano, si piacciono… Insomma, tornando a noi, posso dire che la mia ricerca pittorica sull’immagine femminile e maschile, questo tema uomo-donna, è vero, forse ha un legame con la filosofia, con un discorso scientifico… penso a quel concetto secondo cui ci può essere conoscenza solo se il soggetto che fa ricerca non coincide con l’oggetto che è indagato. Se qualcosa è uguale a te, non lo puoi conoscere, solo il diverso può essere oggetto della conoscenza e…, dirlo, dell’amore.
Deve essere per questo che ho voluto dare una immagine femminile persino a Giordano Bruno, cioè mettere in una mostra sul pensiero bruniano, volti di donna.

Come è nato il ciclo sulla controversa figura di Giordano Bruno?

Penso che la natura umana sia positiva, anzi, penso proprio che sia sana. Meglio, l’essere umano nasce sano, poi eventualmente si ammala… cioè sono convinta che la spinta dell’uomo in generale sia di andare verso qualche cosa, e in particolare verso l’altro essere umano, per cui se uno ha di più, non è detto che lo usi contro l’altro… E’ da questi pensieri che nasce il mio amore per gli “sciamani”, per gli “eroi”, per coloro che, trovandosi, per fortuna o per crescita personale, un di più, lo danno agli altri. Si tratta ovviamente di una idea assolutamente in antitesi con la teoria dell’homo homini lupus.
Il geniale Giordano Bruno era tanto generoso quanto coraggioso, non solo perché rifiutando di abiurare, andava consapevolmente incontro alla morte, ma perché considerava, lasciamelo idealizzare per un attimo, le sue idee come una sorta di bene collettivo da difendere più della sua stessa vita.

Nel De gli eroici furori Giordano Bruno elogia il “furioso”, cioè chi ricerca eroicamente la verità e non obbedisce ad altri impulsi se non a quelli razionali, contempla – uso il suo linguaggio – la natura come unità e infinità e supera tutte le distinzioni che inquinano la vera fonte di conoscenza, cioè l’intuizione del principio unico dell’universo. Lei come si pone rispetto a tutto ciò, si sente una “furiosa”?

Sì, sono una “furiosa” nel senso bruniano… Mi stava venendo in mente che anche Ludovico Ariosto usa il termine furioso per parlare di Orlando, ma lì ha il significato negativo di pazzo…
Però devo contestare la domanda. Per Giordano Bruno l’“eroico furore” è un impulso appassionato e, diciamo, irrazionale che non ha niente a che vedere con la ragione e la razionalità. Quando usa il termine ragione intende mente, o intelletto. Aveva l’assoluta certezza che non era l’approccio razionale quello che faceva avvicinare alla verità.
Un discorso diverso vale per il De umbris idearum, testo in cui Bruno parla non tanto di un percorso verso la conoscenza attraverso la “mente”, quanto di quello che Hilary Gatti propone come metodo dell’approssimazione. Nel De umbris idearum è detto che la conoscenza avviene attraverso l’ombra dell’oggetto, attraverso l’immagine e quindi si giunge all’idea dell’oggetto.

Che ruolo ricoprono nelle sue creazioni il lavoro con la materia e l’uso del colore?

Non so mai se sia più importante la materia o il colore; ho come l’impressione che la materia sia colorata. Le superfici in cui vi è un rosso, sono aree di fuoco, mentre se invece emerge un blu o un azzurro, c’è la sensazione dell’attraversare. Attraversare l’aria? L’acqua?

Nelle sue tele forme e diverse materie sovrapposte danno l’idea, la percezione, l’ombra, dell’essere umano. Tutto questo lascia ampio spazio all’immaginazione che plasma e fa emergere l’immagine da un fondo indefinito come da un magma remoto e misterioso. Ricerca il principio vitale della creazione?

Santo cielo che domanda! Provo ad usare altri termini… Direi che, certo, è da sempre che cerco la vitalità che è all’origine della creatività, posso dire che io lavoro, per quel che riguarda la mia visione del mondo, nell’indeterminato e nell’indistinto. Per me l’immagine nasce principalmente dalla indeterminatezza.

E qui si deve proprio citare Giordano Bruno: “In comune il pittore e il filosofo hanno il compito di contornare con linee l’ombra di un corpo umano”… Lei ama molto la geometria. Penso a Realtà originaria o a Disco solare. Ama le forme pure? E che elaborazione ha avuto il trittico intitolato Sustanza sensitiva?

Mi interessano gli archi di cerchio più che il cerchio… e non sono particolarmente attratta dalle cosiddette figure geometriche pure. Così nel trittico ho voluto esprimere una dimensione non tanto spaziale quanto piuttosto temporale: una certa geometria si ingrandisce, poi ritorna piccola, poi diventa un angolo, e alla fine si accende di un minuscolo fuoco. Ecco, prima si parlava di raccontare: con le forme astratte; io racconto così.

Per Giordano Bruno “la forma è l’anima universale la cui facoltà primaria è l’intelletto che è il vero fabbro del mondo”. Condivide questa affermazione?

Certo, anche se mi interroghi su una frase molto complessa. Ti rispondo con un’altra proposizione di Bruno, questa invece limpidissima “Riguardo alle cose potenti tutte mutarono a modo loro, ve ne è una sola che muta a modo suo tutte le cose: la fantasia dell’uomo”.

Intervista di Diletta Zerilli, febbraio 2006, in GIORDANO BRUNO L’UNIVERSO TUTTO INFINITO FUORI E DENTRO DI NOI,
catalogo della mostra omonima a Palazzo Altieri Oriolo Romano (VT), aprile-ottobre 2006