L’arte, come immagine, suono e poesia, è completamente autonoma. Emersa dal profondo di un essere umano particolarmente sensibile, è universale: attraversa lo spazio e il tempo e raggiunge tutti.
La parola invece, nata molto tempo dopo, indica le cose della realtà materiale ed è legata ad un uso esclusivamente razionale per l’utile e la comunicazione; rimane comprensibile solo all’interno di un gruppo limitato di persone.
All’inizio il canto e la voce si mescolavano alle altre forme espressive dando vibrazioni e profondità alle pitture delle grotte. Dopo migliaia e migliaia di anni, ecco comparire la parola che, se da una parte indicava gli oggetti della natura, gli avvenimenti del passato o del futuro, dall’altra doveva rispondere magnificamente ad una inarrestabile maturazione concettuale.
Poiché dà il nome ad una cosa assente (nascosta oppure lontana nello spazio e nel tempo), la parola nasce in virtù di una “assenza” e quindi affiora alla realtà per un incredibile atto creativo. Purtroppo, e questo è un processo noto ma ancora tutto da studiare, le parole sono state subito impiegate e “piegate” a fini di utilità materiale.
Il mio lavoro, iniziato decenni e decenni fa, mi ha portato a scoprire un mondo assolutamente nuovo: quello che viene prima della parola definita, quello delle radici e della “origine di suono”… Ad un certo punto, come sappiamo, il suono, rimasto per un tempo storico lunghissimo immerso e fuso al “pensiero per immagini” con cui dava forma al mondo, riesce quasi magicamente a rubare all’immagine contorni prima sconosciuti e “decide” di affacciarsi, nuovo e certamente fragile, alla realtà dei rapporti.
Ed è lì, in quel tempo infinitamente lontano, che scopriamo che una sillaba o un piccolo insieme di gutturali quasi impronunciabili compaiono legate praticamente sempre ad una situazione affettiva, ad una immagine, ad un gesto, ad un rapporto. C’è qualcosa di irrefrenabile in questo legame, quasi come per una improvvisa insorgenza interna.
E’ come se allora, tra chi pronunciava quel suono e chi l’ascoltava, ci fosse un passaggio di sostanza profonda, di umanità, di sapienza. E questo deve essere rimasto anche per le “primissime” parole: nel rapporto la spinta era per uno scambio di calore, di una parte di sé, di un “senso” da trasferire… in cambio di niente.
Ed è quello che accade da sempre nei rapporti d’amore o in una situazione di ricerca.
Ed è quello che accade, e questo invece in tempi recenti, in un rapporto di cura per la guarigione, in un lavoro terapeutico che vuole rendere possibile la trasformazione umana dell’altro.
La parola creativa, legata ad una nuova “capacità di amare” che pretende il superamento di negazioni e annullamenti della realtà, quando “arriva”, è pervasiva, modifica il pensiero invadendo il corpo fin nelle viscere.1
Scavare, togliere incrostazioni e polvere, rincorrere assonanze saltando da uno strato all’altro, da una lingua all’altra come un funambolico archeologo delle parole: il mio è un viaggio appassionato, vissuto a volte completamente solo, spesso in compagnia di quello studioso geniale, ancora purtroppo misconosciuto, che è Giovanni Semerano, un gigante del mondo etimologico che ha smascherato il falso storico dell’indoeuropeo e che è sempre presente là dove un suono, una radice, una parola viene travisata o tradita.
Ecco allora la gioia di scoprire il seme da cui germoglia la parola: lo puoi trovare lì, intrecciato ad un affetto, ad una sensazione intensa, ad un ritmo bello come il battito del cuore, ad una ritualità legata ai rapporti e allo scorrere del tempo.
Una ricerca per tutte: il fonema “ma”, presente all’origine in quasi tutti i popoli ad indicare “madre”, si trasforma col tempo nell’antico termine sumerico (a)matu che indica generante e poi nell’accadico matru che indica prominente. La parola-chiave, matru, è il rubino rosso che unisce due mondi che sembravano separati: da una parte il termine mater madre e dall’altra il termine “materia” che racchiude l’idea di una natura viva e genitrice! L’essere umano da sempre carica di forme, colori e sentimenti ciò che ama ma non comprende.
Nel mio vagabondare di parola in parola ho una risposta che mi ha cambiato la vita e che mi ha portato in un territorio sconosciuto che non credevo esistesse.
“Devi andare oltre l’immagine per comprendere l’origine della parola” mi disse un giovedì di giugno del 2013 lo psichiatra dell’Analisi collettiva Massimo Fagioli “Devi andare molto più a fondo, devi andare alla capacità di immaginare”.
E la mia ricerca visse una accelerazione incredibile! Forte di questa teorizzazione, ho studiato e lavorato fino a raccogliere più di cento voci, qualcuna breve ed esile, qualcuna fluente e ritmata, qualcun’altra ancora in attesa di nuovi nessi. Forme di suoni, le mie parole, che camminano lungo la linea che unisce il mio essere metà artigiano e metà artista della parola.
Lascio agli addetti e agli esperti della ricerca scientifica legata alla linguistica, lo studio e la conoscenza delle vie intraprese dal genere umano per conquistare quello strumento potente che è la parola parlata e scritta.2
A me il tormentato mestiere di scavare nella storia, nel suono e nella identità di ogni parola che amo… per toccare, fosse solo per pochi attimi, una immagine antichissima, il segmento di un gesto, un urlo, un richiamo, una voce, una sillaba ripetuta all’infinito come per far addormentare un bambino, un “no” di rifiuto ad una cosa brutta, un lampo di luce negli occhi per una scoperta, un suono che voleva competere, forse già troppo arrogante, con la bellezza universale delle pitture rupestri.
1 È storicamente riconosciuta la portata rivoluzionaria della Teoria della nascita, all’interno della quale Massimo Fagioli ha cercato e scoperto
il nesso tra parola e pensiero, parola e creatività, parola e cura. Fondamentale è il lavoro di Marcella Fagioli, La parola dell’inconscio. Ipotesi
che legano gli studi linguistici alla realtà psichica, tesi di laurea in Medicina e Chirurgia, Università di Roma “La Sapienza”, a.a. 1992-1993
2 Il riferimento è al ricchissimo lavoro di ricerca del professor Federico Masini, docente presso l’Università di Roma “La Sapienza”,
Dipartimento di Studi Orientali, alle sue numerose pubblicazioni ed a i suoi incontri di studio, tra cui vogliamo ricordare Il linguaggio
e la scrittura, 17 marzo 2018, nell’ambito delle Giornate di Studio, organizzate dalla società “venti secondi” di Roma