E, alfine si giungeva allo stand di Ipazia, la scienziata. Stand un po’ isolato nella grande Festa dell’Unità, proprio alla fine del percorso, (che uno intanto si chiedeva: quando arrivo?) e da subito si poteva coglierne la diversità quasi imperiosa e rigorosa della linea e del colore che si fanno immagine.
A far accoglienza, immediate, incisive presenze, le maschere di Paolo Camiz.
Le percorrevi tutte subito, quasi con lo sguardo rapido ad esse del primo soccorso e poi, piano, te le gustavi, scoprendole e ci ridevi, parlavi e aspettavi una loro risposta.
Ma subito, di Roberta Pugno, sulla sinistra, a portata d’occhi, il meraviglioso e complesso canto per parole e immagini, fluente e puntuale, elaborato ed essenziale, maturo di pensiero e acerbo di pesca, prezioso e innocente. Sì che le le splendide immagini, in un poetico dialogare con le linee dello scritto sottolineino, riassumano, precedano e concludano, celebrandolo, il pensiero.
Al centro, di Sergio Ban, un totem speciale al femminile, come segno della tribù umana.
E la donna si ritrae, si espone, si offre, si proclama.
Va cercata, perseguita, ritrovata, scoperta, indicata, incontrata: Lei, la donna-natura-rapida-danzante.
Nello stand, intanto che ti muovevi, accolta dalla fresca ospitalità di Maria Mazzarella, andavi cogliendo (e ogni opera un mondo, un sentire, un rimando), di Simone Di Micco, la trama rossa che cela ed elabora lo spazio vitale.
Poi, di Laurie Elie, le onde scure in movimento interno.
Infine, di Claudio Angeloni, una tela complessa e immediata, un respiro libero e profondo. Vi ritrovavi l’impossibile verde azzurro del lago di Pilato, bevuto con gli occhi appena qualche giorno prima dalla cima del monte Vettore, e al centro della tela un legno, forma-natura, a cui l’artista dà vita d’immagine.
E tu, lentamente, attenta a non dimenticare per strada la bellezza, riemergevi ai suoni intorno, alla festa voluta e preparata, alla gioia partecipata e sottesa. Dicevi un forte grazie a Maria, guardandola negli occhi ridenti e andavi via, ma rimanendo un po’.

Luciana Critelli  agosto 2010